I nuovi scenari marittimi e le sfide del Mediterraneo

27 Luglio, 2018

Il Mediterraneo è un mare in cui circola il 20% del totale del traffico marittimo mondiale (30% se consideriamo il traffico petrolifero; possiede due grandi snodi strategici navali come Suez e Gibilterra e vede posizionati 8 megaporti che movimentano un traffico di oltre 3 milioni di TEUs ciascuno. Nel Mare Nostrum si sviluppa ogni tipo di traffico: Container (circa un terzo del totale in valore e la metà del totale in volume), Cabotaggio (Autostrade del Mare e Ro-Ro), rinfusiero e passeggeri.

Negli ultimi anni esso sta sempre più affacciandosi verso un mondo più globalizzato e ancor più caratterizzato dalla crescita del traffico navale; si pensi che dal 1995 ad oggi il solo traffico container è cresciuto di oltre 5 volte (oggi ammonta a circa 50 milioni di TEUs); l’acquisizione di una nuova e maggiore centralità nello scenario marittimo globale diventa, quindi, secondo i numeri illustrati, un dato di fatto.

Da tener conto che a livello globale i volumi di merce containerizzata movimentati nei porti di tutto il mondo sono cresciuti. La crescita del gennaio 2018 è stata del 2,7% rispetto a dicembre 2017 e del 7,1% rispetto a gennaio del 2017, secondo il Drewry container port throughput index. L’indice è basato sulla movimentazione di container di 220 porti di tutto il mondo, che rappresentano il 75% del traffico globale. Altro segnale di grande crescita del sistema marittimo che va affacciandosi a nuovi scenari competitivi.

Anche altri dati di carattere più economico mettono in forte evidenza il nuovo Mediterraneo. Se, difatti, si guarda l’andamento dell’import+export da e verso l’Area MENA (Middle East e North Africa) dal 2001 al 2016 si osserva una crescita costante: l’Italia è passata da oltre 45 a 70 Mld $; la Germania da 40 a oltre 90 Mld $; gli Stati Uniti da 90 a 160 Mld $. Chi però ha fatto un balzo impressionante è la Cina. Nella stessa area l’interscambio cinese è passato dai 22,8 Mld $ nel 2001 a 246,4 Mld $ nel 2016 con stime di crescita che arrivano fino a ad oltre 280 Mld nel 2018. La gran parte di questo commercio – ben l’80% – avviene via mare.

Tale centralità è in rapida crescita che possiamo misurare anche dal peso che hanno le diverse rotte marittime globali. Se confrontiamo, ad esempio, i flussi di navi container nelle tre maggiori rotte Est-Ovest nel ventennio 1995-2017 vediamo che mentre i transiti di sulla rotta Asia-Europa (via Suez e Mediterraneo) sono aumentati dal 27% al 41%, nello stesso periodo sulla “Trans-Pacific” sono calati dal 53% al 45% e in quella “Trans-Atlantic” dal 20% al 14% [1].

La globalizzazione dunque non si arresta e gli scambi sono un fattore cruciale di sviluppo di traffico proprio sulle rotte che attraversano il nostro mare che da area di transito sempre più diviene area commerciale e logistica. In poche parole; area di business presente e futuro.

L’accresciuta centralità del Mediterraneo si riscontra, inoltre, anche nella portualità. Gli scali del Mediterraneo sono in grande fermento. Nuovi investimenti infrastrutturali si stanno realizzando, e si realizzeranno, come quelli nel Pireo dove la cifra, investita dal governo cinese attraverso la Cosco, toccherà il valore record di 1,5 miliardi di euro. L’intervento della Cina sta avvenendo in modo forte anche nell’area East Med. Infatti, un altri importanti asset acquisiti sono i porti di Haifa e Ashdod in Israele. Ed ancora gli investimenti nel porto di Ambarli in Turchia. Per non parlare degli investimenti nel Golfo presso Abu Dhabi.

Più datato e più noto è l’investimento in Egitto; con questo investimento la Cina si è prefissa di aggredire il mercato portuale del Mediterraneo attraverso la presenza in uno degli snodi mondiali strategici del trasporto via mare quale il Canale di Suez, allo scopo di generare nuove aree di business [2]. Questi sono solo alcuni esempi delle grandi manovre geo-politiche ed economiche che stanno interessando il Mediterraneo alle quali anche l’Italia è coinvolta.

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Investimenti cinesi in porti e terminal portuali del Mediterraneo. (Fonte: Elaborazioni SRM)

Il nostro Paese non solo è stato interessato dagli investimenti cinesi a Vado Ligure ma vede anche la presenza della tedesca Eurokai che attraverso Contship gestisce, tra gli altri i porti di Gioia Tauro, Salerno, Ravenna, Cagliari e La Spezia, e così anche a Genova dove ha investito APM o l’investimento di PSA a Venezia. Non da ultimo, la danese Maersk ha aperto nuovi uffici a Napoli che hanno competenza per il Mezzogiorno.

Gli investimenti infrastrutturali nei porti divengono, dunque, il fulcro chiave da cui si dipanano poi le vie della logistica di contatto con le aree produttive. I porti sono dunque elemento commerciale pivot della crescita; per questo gli investimenti nel Mediterraneo sono strategici. In tale contesto, lo sviluppo del Mediterraneo può rappresentare un asset essenziale per l’Italia. Sono proprio queste le motivazioni di fondo che hanno portato alla riforma del sistema portuale.

Proprio per dare impulso al sistema portuale e agevolare la fluidità dei traffici, la Riforma Delrio (fondata sul Piano della Portualità e della Logistica) approvata dal Governo ha previsto una maggiore snellezza operativa e procedurale che ha portato ad istituire le 15 Autorità di Sistema nonché alla creazione di organi operativi e consultivi in un’ottica di coerenza con la strategia nazionale data anche dal Tavolo nazionale di coordinamento delle Autorità di Sistema Portuale, con l’importante compito, tra gli altri, di coordinare i “grandi investimenti infrastrutturali”.

Ma il Governo non ha puntato l’attenzione soltanto sui porti bensì sull’intera logistica italiana. La riorganizzazione della governance si lega al Piano strategico della portualità e della logistica con cui il governo intende mettere a sistema i fondi disponibili. Il piano prevede, tra l’altro, una serie di interventi per migliorare i collegamenti marittimi e terrestri. Sono inoltre previste azioni per migliorare la qualità dei collegamenti ferroviari di ultimo miglio nei porti. Si comprende dunque come tutti questi elementi; crescita della centralità, nuovi investimenti infrastrutturali, logistica connessa alle aree produttive, attuale governance, letti insieme, forniscano nuove prospettive per lo sviluppo del Paese e della Campania.

Le nuove opportunità: l’ampliamento dei Canali mondiali e un approfondimento sugli investimenti cinesi sulla Via della Seta marittima

Quanto si sta sviluppando a livello locale, nella vision programmatoria e nazionale  attraverso il nuovo impianto normativo e nella governance futura, deve, ad avviso di chi scrive necessariamente tener conto degli importanti accadimenti a livello mondiale. L’allargamento del Canale di Panama [3] inaugurato il 26 giugno 2016 e quello di Suez [4] inaugurato 6 agosto dell’anno precedente, rivestiranno effetti notevoli sui traffici navali e sugli scambi commerciali, rappresentando un’opportunità da cogliere per le imprese e per le compagnie di navigazione, le prime perché potranno contare su una maggiore rapidità di consegna delle merci e quindi migliorare i processi di internazionalizzazione, le seconde potranno, invece razionalizzare le rotte e rendere più efficienti i sistemi logistici.

I nuovi canali non rappresentano solo imponenti progetti infrastrutturali, ma sono destinati a diventare i poli di interesse economico-commerciale e logistico mondiali; l’uno (Panama) hub delle Americhe e l’altro (Suez) grande polo del Mediterraneo.

Il raddoppio del canale di Suez – che a differenza del nuovo canale di Panama non ha limiti in termini di dimensioni delle navi che passano tempi ridotti di passaggio e nessun limite alle dimensioni dei vettori – permetterà un maggior transito nel Mediterraneo peraltro consentito in entrambe le direzioni. Attualmente attraverso Suez viaggiano circa 900 milioni di tonnellate di merci e oltre 17mila navi pari all’8/10% degli scambi mondiali; il 2017 ha segnato il record assoluto di traffico con un incremento dell’11% sull’anno precedente. Intercettare una parte di questi traffici, potrebbe portare grande ricchezza ed enormi possibilità di mercato all’Italia e alla regione. Si nota infatti, soltanto considerando i flussi da Sud (oltre 400 milioni di tonnellate), che oltre l’80% viene dal Sud Est Asiatico e dal golfo ed è un traffico che è enormemente cresciuto.

SRM ha calcolato, grazie all’utilizzo di geo-rilevazioni di navi, una crescita del  24% della presenza di portacontainer superiori ai 7.000 TEUs nel Mediterraneo, nel periodo 2012-2016 oltre che ad una cresciuta presenza di navi cinesi (Cosco +10% nello stesso periodo). Se poi guardiamo nel dettaglio alla rotta Asia – Mediterraneo vediamo come dominino le tre grandi alleanze navali container che ormai coprono il 77% della capacità globale.

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Geomappa della presenza di navi nel Mediterraneo. (Fonte: Elaborazioni SRM)

Nel complesso, al ruolo di primo piano che detiene “l’Europea” 2M+HMM/HS [5] che controlla il 40% della quota di mercato in termini di capacità settimanale, si affianca la Ocean Alliance[6] con una quota che è pari a ben il 35%. Questa alleanza di carriers è dominata  dalla COSCO – compagnia controllata dal governo cinese.

La COSCO difatti copre il 37% della capacità sul totale delle rotte e il 36% sulla rotta Far-East Europe/Med. Con l’acquisizione di OOCL (compagnia di Hong Kong), COSCO diventa di gran lunga il più grande partner dell’Ocean Alliance, poiché insieme ad OOCL possiede 245 navi per un valore della flotta pari a 18,8 miliardi di dollari (dati che rappresentano rispettivamente il 48% e 68% dell’Alleanza). Flotta in grado di trasportare di 2,1 milioni di TEUs.

Un vero colosso, dal valore doppio delle dimensioni di CMA CGM/APL, che possiede 135 navi corrispondente a un valore di 5,2 miliardi di dollari per 1,09 milioni di TEUs.

Sulla base della flotta esistente e degli ordini, l’entità congiunta Cosco-OOCL diventa il terzo vettore portacontainer al mondo. Insieme hanno un portafoglio ordini di oltre 30 navi. In particolare COSCO ha ordinato 28 nuove mega-containership per il 2018. Nell’anno in corso nuove navi implementeranno la flotta in particolare proprio sulla rotta Asia-Europe.

Grandi alleanze e Megaship fanno parte del grande progetto espansivo cinese sul Mediterraneo. Fino ad ora le imprese cinesi hanno investito, tra il 2013 ed il 2017, circa 54 miliardi di dollari in 59 Paesi. Il 18% degli investimenti si è concentrato sui porti. In particolare SRM evidenzia che negli scali che si affacciano sul Mediterraneo e che proseguono verso il Nord Europa lungo la “nuova via della seta Marittima” circa 5 miliardi di dollari sono stati investiti tra maggio 2015 e giugno 2017 in 9 porti dell’area Mena e del Northern Range.

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Megaship. (Fonte: Elaborazioni SRM)

Oltre a questo occorre menzionare che la realizzazione dei parchi industriali e delle Free Zones sono divenuti elementi centrali nell’implementazione della Belt and Road Initiative.

Si stima che al 2020 la Cina, anche grazie agli investimenti posti in essere lungo la via della seta potrà accrescere gli scambi coi paesi toccati dalla Belt and Road Initiative raggiungendo con essi un export di circa 780 miliardi di dollari ed un import di 570.

Queste analisi, che evidenziano il crescente ruolo cinese, si spiegano con il fatto che raggiungere il Mediterraneo rappresenta, per le merci asiatiche, la possibilità di raggiungere l’Europa continentale a Nord, e l’area del Nord Africa e del Medio Oriente a Sud, avendo inoltre una base importante per proseguire per la costa atlantica americana. Il Mediterraneo diventa quindi l’hub da cui servire le aree del mondo con il maggior interscambio commerciale con la Cina.

La Via della Seta marittima ha infatti un vantaggio strategico fondamentale: proprio il gigantismo navale di cui abbiamo dato conto sopra, unito alle grandi alleanze tra carriers, produce la necessità di far viaggiare a pieno carico le navi, unico modo per assicurare quelle economie di scala che si ricercano proprio con le grandi dimensioni. Per far viaggiare a pieno carico una nave da 18/20.000 TEUs bisogna assicurarle una pluralità di scali dove scaricare e caricare merci; ossia una rotta ricca di stop in aree ad alta densità economico commerciale. Così il carico medio lungo tutta la tratta sarà elevato. Basta uno sguardo ad una qualsiasi carta geografica per rendersi conto che questa rotta, assicura proprio questa pluralità di scali strategici e di carico medio che nessuna altra rotta garantisce.

L’Italia è dunque situata al centro di quel mare che rappresenta un fondamentale hub strategico lungo la rotta Est-Ovest.

Se guardiamo all’export del nostro Paese e lo ricalcoliamo sommando tutte le esportazioni lungo i paesi toccati dalla Belt and Road si raggiunge il 27% dell’export complessivo italiano. SRM ha calcolato che nel 2016 tale valore è stato pari a 121 miliardi di dollari in aumento del 30% dal 2000. Secondo le stime l’export verso questi paesi raggiungerà i 150 miliardi di dollari al 2020. L’attenzione economica dell’Italia verso questi paesi continuerà, pertanto, ad aumentare.

Anche l’Italia dunque continuerà ad avere un peso in questo processo e l’attenzione economica verso questi paesi continuerà ad aumentare. A questa attività deve seguire una politica di sviluppo adatta agli orientamenti che l’economia sta registrando, un primo passo potrà essere rappresentato dalla generazione di Zone Economiche Speciali (ZES) rivolte a rendere più appetibile il Mezzogiorno a investimenti imprenditoriali, quindi anche a quelli cinesi.

Le ZES sono lo strumento giusto per mettere a sistema industria e Logistica Portuale, dogma che ha sempre caratterizzato gli studi di SRM; il governo italiano ha concepito questi strumenti proprio nella logica di mettere a sistema i due driver dello sviluppo economico italiano quali l’economia manifatturiera e l’economia del mare mettendo come requisito necessario per la generazione della ZES proprio la presenza del porto al centro.

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Carta delle ZES – Zone Economiche Speciali in Italia. (Fonte: Elaborazioni SRM)

Inoltre, la presenza via via crescente di navi più grandi e gli investimenti dei competitor portuali devono indurre i porti italiani con quelli del Mezzogiorno in prima fila a rendere funzionali le loro strutture portuali e ad investire in infrastrutture, tecnologia e logistica per non perdere quote di mercato e soprattutto per raccogliere le nuove opportunità che scaturiranno dall’allargamento dei canali e dagli investimenti cinesi.

Agganciare meglio l’Italia e il suo Mezzogiorno alla dinamiche marittime del Mediterraneo facendone una piattaforma logistica di collegamento con l’Europa è oggi un obiettivo possibile e utile alla stessa dimensione europea, oltre che occasione di nuovo sviluppo per il nostro Paese.

La sfida del Mediterraneo è dunque aperta e gli scali sono chiamati a rispondere alle esigenze degli operatori, sempre più cogenti e sempre più raffinate, atteso che il nostro sistema portuale è appena uscito da anni di commissariamento che non hanno giovato certo alla crescita.

Note

 

[1] Fonte: UNCTAD (2016) Review of maritime transport.

[2] Per ulteriori approfondimenti v. 2016, Le relazioni economiche tra l’Italia e il Mediterraneo, 6° Rapporto Annuale e 2017, Italian Maritime Economy, in corso di pubblicazione.

[3] Sull’argomento v. SRM, 2016, Gli effetti economici dell’allargamento del Canale di Panama sui traffici marittimi.

[4] Sull’argomento v. SRM in collaborazione con Alexbank, 2015, Gli effetti economici del raddoppio del Canale di Suez sui traffici del Mediterraneo.

[5] Maersk (Danimarca), MSC (Svizzera), Hyundai M.M (Corea del Sud), e Hamburg Sud (Germania).

[6] CMA-CGM/APL  (Francia), Cosco (China), Evergreen (Taiwan), OOCL ( Hong Kong).

 


Head image:  Il terminal container nel Porto di Marsaxlokk, Malta. (© Alessandro Panaro)

Article reference for citation:
PANARO Alessandro,“I nuovi scenari marittimi e le sfide del Mediterraneo” PORTUS: the online magazine of RETE, n.35, June 2018, Year XVIII, Venice, RETE Publisher, ISSN 2282-5789, URL: https://portusonline.org/i-nuovi-scenari-marittimi-e-le-sfide-del-mediterraneo/

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