Differenti tradizioni di studio insegnano quanto un approccio olistico ci conduca in territori densi di conflitti, di sovrapposizioni di competenze, di stratificazioni inestricabili, entro cui ragioni e strumenti vacillano, per aprirsi alla complessità. Ed è, questo, un discorso antico.
Se da un lato, infatti, una lunga tradizione di studi ha tentato di mettere in relazione il territorio progettato con i suoi caratteri, la sua estensione, la sua modificazione, dall’altro, lo sguardo dei geografi, dei paesaggisti, degli economisti ha avuto il merito di riproporre, nella sua scalarità e nei suoi intrecci, la vastità e complessità dei fenomeni in corso, ponendo l’accento su dinamiche, flussi, cambiamenti che da sempre costituivano un racconto laterale, che, da asimmetrico, oggi, più che mai, si rivela centrale.
È il territorio della modificazione, fatto di atlanti, di indici, di mappe, entro cui l’urbanistica medesima si fa parte di un processo più grande, che si inscrive nel medesimo processo di modificazione.
Scalarità, paesaggio e complessità
Se l’uomo è in movimento, per effetto del suo stesso viaggio, lo è anche la natura, secondo una relazione che include il cambiamento. Se da questo incontro si sono generati nuovi paesaggi, e con essi un’euforia di progetti tesi a interpretarne il campo semantico, dentro questo stesso viaggio abbiamo visto l’emergere di dinamiche diasporiche, di flussi globali, di nature profondamente mutate per effetto della mano dell’uomo.
Geocittà, aggregazioni antropiche, nuove geografie come nuove immagini del pianeta: dagli Stati Uniti d’America agli iperterritori della Catalogna, alla road-map per l’Europa del 2050, una stagione di Atlanti, che attraversa i primi dieci anni del Duemila, prova a descrivere relazioni sinora considerate non misurabili, con l’obiettivo di tessere in filigrana reticolarità che hanno altre origini. Un racconto fatto di mappe, di indici, di diagrammi, di figure, di immagini inedite che si propongono come icone del cambiamento. Così, gli stessi autori di un lessico per il paesaggio scoprono oggi l’urgenza di decrittare il linguaggio di un pianeta in movimento, la cui istantanea non porta la firma dei grandi della terra. Da luogo della relazione e del movimento (“Mouvance”, secondo Lassus, Berque, Donadieu, Conan, Roger), il paesaggio diviene così emblematica connotazione di nuove immagini che si nutrono del cambiamento (“Mutation”, secondo Koolhaas, Boeri, Kwinter) [1].
È qui, che il “rischio” che attanaglia le nostre coste disegna mappe di un territorio profondamente modificato, che nulla ha da vedere con le pretese sinossi urbanistiche, i conflitti degli enti locali, le programmazioni sempre più distanti. Così, se da un lato, il territorio urla la propria “lateralità”, la propria “asimmetria” di dinamiche agenti, l’urbanistica tenta approcci di governo di relazioni in grado di incidere sul territorio progettato sui conflitti di competenza, sugli intrecci istituzionali, nel tentativo di intervenire sull’agenda politica.
Poco distante (ma qui la distanza si fa temporale, non fisica o spaziale), il medesimo territorio è oggetto di scambi profondi di economie tra Paesi, di programmazioni comunitarie, di commissariamenti e progetti speciali, di interventi calati dall’alto che travalicano le istanze, le attese, le proiezioni e i bisogni delle collettività insediate, che si esprimono attraverso le rappresentanze democraticamente elette. È qui, che le agende locali, che scontano anni di ritardo di politiche programmatorie ostaggio della politica, si infrangono drammaticamente contro altre politiche e altri strumenti acceleratori, ridisegnando mappe attraverso un nuovo sistema di deroghe. Cosicché, mentre tutta l’Europa, a partire dalla Convenzione di Aarhus, concorre verso processi condivisi e partecipati, qui, da noi, si pongono ancora in atto politiche frutto di leggi speciali, che annientano e disperdono relazioni dalla portata millenaria.
È il caso, ad esempio, del Grande Progetto Pompei, che pone in diretta relazione l’area archeologica degli scavi con la città di Roma attraverso l’Alta Velocità affidato a un intervento commissariale, allontanandola per sempre dalla costa vesuviana, da Oplonti e dai siti Unesco, per renderla al rango di periferia romana. È il caso, ancora, dei Siti Unesco della Campania e della “buffer zone”, che da strumento di tutela (e, dunque, di progetto) si trasforma in un’occasione imprenditoriale che ne stravolge, definitivamente, il senso e, dunque, l’esistenza. È il caso degli interventi programmati dalla Legge “Sblocca Italia” di estrazione degli idrocarburi, nelle marine aperte dei litorali protetti siciliani o dei territori pugliesi e della Basilicata, stravolgendo, per sempre, economie agricole millenarie, rilanci dei territori fondati su politiche ricettive locali e prerogative comunitarie. È il caso, ancora, di numerose politiche che riguardano la vita dei porti, il loro legame con gli entroterra e le città, frutto di relazioni antiche e di scambi millenari, ridotti, come scrive Franco Purini, a “paesi senza paesaggio”. E l’elenco, qui, si fa lungo.
Di quale territorio, dunque, oggi si parla? E quale territorio, o suo simulacro, vive realmente nel Paese Italia?
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Se l’urbanistica dunque si muove tra controllo di conflitti, lateralità del punto di vista e ricerca di strumenti di governo, è dai Governi che arrivano i segnali più sorprendenti, di stravolgimento della sua architettura costituzionale e di strumento di programmazione democratica fondato, come sancisce la Costituzione, sul prevalente interesse pubblico. Giacché, come ricordano la Corte di Cassazione e la Corte Costituzionale, il territorio è un bene comune. È qui, che ogni flebile tentativo si infrange contro una complessità nuova, ancora difficile da decrittare.
Visioni metropolitane e Città Metropolitana – I
Le Città Metropolitane [2] rappresentano oggi in Italia forse il principale strumento di cambiamento per il ridisegno di realtà che da tempo si presentano, non solo allo sguardo e all’osservazione, chiuse entro enclave consolidate di cortocircuiti normativi che ne bloccano risorse e potenzialità. Se pur tra limiti e proposte di modifica, è con questo spirito, che la Legge Del Rio è stata accolta dalle collettività e dalle rappresentanze democraticamente elette. Tuttavia, ad uno sguardo ravvicinato della situazione campana, già possiamo dire quanto questo entusiasmo sia stato ben presto frenato dalla sovrapposizione di conflitti di competenza, dalle strumentalizzazioni politiche, dall’assenza di un quadro regionale di completamento degli atti normativi. È all’interno di questa cornice, che vanno dunque analizzate le relazioni e le contraddizioni intervenute tra la Legge Del Rio, non ancora dotata di strumenti attuativi (non solo su scala regionale), le recenti disposizioni governative contenute nelle Leggi di Stabilità e il contraddittorio reticolo di disposizioni d modifica su base regionale. Tra l’istituzione della Città Metropolitana e il correlato disposto con quanto manifestato dalla Regione in materia di equiparazione tra il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale e il Piano Territoriale della Città Metropolitana. E, ancora, tra quanto previsto dalla Legge Del Rio, dalle diposizioni della Commissione decennale della Legge Regionale 16/2004 e i recenti provvedimenti del Tar Campania in materia, che già di fatto hanno superato, e inficiato, lo Statuto della Città Metropolitana relativamente all’istituzione di un piano Territoriale Generale e di un Piano Operativo, nella sua relazionalità con la forma dei piani locali. Un quadro, questo, che non aiuta la programmazione delle realtà portuali nelle relazioni non soltanto con gli altri porti e con la revisione degli assi strategici, quanto, anche nella definizione delle relazioni tra i singoli porti con la linea di costa, con i suoi entroterra, i suoi retroporti e le realtà interportuali. Ma, senza voler continuare in un elenco puntuale, ciò che più di tutto ha messo in crisi la nascente Città Metropolitana va ricercato nell’astratto dibattito sui suoi confini e sulla suddivisione in zone della Città di Napoli, la cui partizione drammaticamente discende da un ragionamento elettorale. Così, se la Città di Napoli, nella Città Metropolitana, diventerà (tornerà ad essere) una “confederazione” di municipalità, secondo un disegno che smembra per sempre la Città di Napoli, è un disegno territoriale, fisico, giuridico e normativo che discende da riflessioni operate in seno alle forze politiche circa la rappresentatività in seno al Consiglio Metropolitano [3].
Sovrapposizioni, dunque, di competenze (se si pensa alle relazioni città-porto), di scala (si pensi all’individuazione degli ambiti omogenei), di tempo (governance e trasformazioni), di luogo (dislocazioni spaziali). Un quadro di grande eterogeneità con effetti a cascata sull’area urbana di Napoli, sul suo territorio, sul suo abbraccio costiero alla scala metropolitana, secondo un punto di vista che ribalta il paesaggio marino e costiero, i suoi waterfront, i fiumi, i canali, perfino i crateri e tutto ciò che ancora chiamiamo flora e fauna.
È tempo di tornare a guardare al territorio, non come si guarda un “Paese senza paesaggio”, quanto, un insieme di relazioni dentro cui vivono asimmetrie e coralità, il cui respiro si apre a un orizzonte di attesa che chiede diverse regole per il suo governo e una nuova alleanza alla scala metropolitana, alla cui definizione dovranno concorrere tutte le Istituzioni e gli attori competente.
Visioni metropolitane e Città Metropolitana – II
Mosaico di piani, secondo la vecchia urbanistica, o piani a cascata, secondo la Legge Del Rio? Poco conta e poco interessa, se questo è il dibattito. Come, nella casistica dei giochi, se questo è il dibattito, appare naturale che la Regione ancora non abbia definito, nell’ambito delle proprie disposizioni normative, gli assetti di funzionamento della Città Metropolitana. Ciò che sicuramente interessa, tuttavia, è il rinnovamento del dibattito entro cui i reali problemi dovranno essere posti e affrontati.
Ciò che sicuramente interessa, nella definizione di “visioni metropolitane”, è legare la “visione” alla complessità del territorio e ai suoi strumenti di governance, riconoscendo ragioni condivise, autonomie locali e ambiti partecipati, in una nuova dimensione politica dei commons, secondo un disegno che tenga insieme la scala del territorio con la scala della persona, con la sfera sociale e del collettivo. Per approcciare una complessità, che è sempre progetto di città, e riconoscere, nelle contraddizioni del territorio e nelle sue ragioni, una sapienza millenaria e sempre risorgente, che guarda alla città dal mare, in un disegno di costa metropolitana fatto di paesaggi marini, di centralità diffuse, di relazioni tra aree storiche ed entroterra, di memorie che mai hanno smesso di parlare, la cui voce narrante costituisce, ancora oggi, il più potente disegno di paesaggio urbano. E ne prolunga il movimento.
Note
[1] Il primo di questi studi è certamente da riferire a Richard Saul Wurman, autore di Understanding dove gli Stati Uniti d’America non vengono analizzati soltanto attraverso scenari sociali, economici o territoriali, ma come un intreccio di dinamiche che includono la guerra, il crimine, l’educazione, le diverse forme del fare o del sentirsi “comunità”. Come una proiezione di “Usa Today”, il volume indaga una prospettiva che va dal nomadismo all’immigrazione, ai flussi demografici che correggono i saldi naturali del mondo occidentale, ai cambiamenti climatici, alla biodiversità.
Concepito da Richard Koshalek (con Tom Mayne, Dana Hutt e Nelson Rising, Art), L.A. Now analizza in due volumi il paesaggio della downtown di Los Angeles, quale luogo simbolico e, insieme, cuore concreto della costruzione delle pulsioni della vita della città, intrecciando, in un repertorio visivo di paesaggi, diagrammi con grafici, con commenti critici e proposte, tra gli altri, di Greg Lynn, Eric Owen Moss, Dana Cuff e Wolf Frix.
Massive Change (di Bruce Mau con Jennifer Leonard) è l’immagine di un mondo sempre più calato in una griglia di rapporti con la realtà virtuale e la tecnologia, con la cibernetica militare e l’ingegneria genetica, orientate verso opzioni di non violenza. Già autore, con Rem Koolhaas, di S, M, L, XL, e direttore dell’”Institute without Boundaries” di Toronto, Bruce Mau muove dal paradosso e dal disastro per ridisegnare una prospettiva di cambiamento dove l’architettura si fa orizzonte di attesa di aspettative sociali lungamente eluse.
Basato su uno studio territoriale a scala regionale, IperCatalogna (hiCat. Research Territories) è una ricerca di Manuel Gauza (con Vincente Guallart e Willy Muller) incentrata sull’indagine di nuovi territori urbani che si originano da nuovi habitat urbani. Multicittà, geourbanità, iperterritori: l’atlante indaga le aree della sovrapposizione, dell’interrelazione, dello scambio tra città e territorio, nel tentativo di fornire interpretazioni e intuizioni della matericità e dell’ambivalenza dei paesaggi della Catalogna.
[2] La Legge 56/2014, nel definire le competenze della città metropolitane, prevede che a queste siano attribuite le funzioni proprie delle province, nonché alcune ulteriori funzioni speciali tra cui:
a) adozione e aggiornamento annuale di un piano strategico triennale del territorio metropolitano, che costituisce atto di indirizzo per l’ente e per l’esercizio delle funzioni dei comuni e delle unioni di comuni compresi nel predetto territorio, anche in relazione all’esercizio di funzioni delegate o assegnate dalle regioni, nel rispetto delle leggi delle regioni nelle materie di loro competenza;
b) pianificazione territoriale generale, ivi comprese le strutture di comunicazione, le reti di servizi e delle infrastrutture appartenenti alla competenza della comunità metropolitana, anche fissando vincoli e obiettivi all’attività e all’esercizio delle funzioni dei comuni compresi nel territorio metropolitano;
c) strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano. D’intesa con i comuni interessati, la città metropolitana può esercitare le funzioni di predisposizione dei documenti di gara, di stazione appaltante, di monitoraggio dei contratti di servizio e di organizzazione di concorsi e procedure selettive;
d) mobilità e viabilità, anche assicurando la compatibilità e la coerenza della pianificazione urbanistica comunale nell’ambito metropolitano;
e) promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale, anche assicurando sostegno e supporto alle attività economiche e di ricerca innovative e coerenti con la vocazione della città metropolitana come delineata nel piano strategico del territorio di cui alla lettera a);
f) promozione e coordinamento dei sistemi di informatizzazione e di digitalizzazione in ambito metropolitano.
I compiti di cui ai precedenti punti a) e b) si configurano come parte di un vero e proprio strumento di governo del territorio metropolitano i cui caratteri sono essenzialmente diversi da quelli oggi previsti per il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale.
Gli stessi termini utilizzati dal legislatore, “piano strategico triennale del territorio” e “pianificazione territoriale generale” evidenziano il carattere di tale strumento la cui funzione non può quindi limitarsi alle mere azioni di coordinamento, proprie della pianificazione provinciale, assumendo, altresì, i connotati della componente strutturale di un piano urbanistico comunale.
La gran parte delle legislazioni urbanistiche regionali prevedono, oggi, che lo strumento urbanistico generale di ogni comune sia costituito da disposizioni strutturali (spesso definite anche Piano Strutturale Comunale, PSC) e disposizioni programmatiche-operative (spesso definite anche Piano Programmatico o Operativo Comunale, PPC o POC). L’insieme delle due parti si compendia in un unico strumento di governo del territorio di cui deve essere garantita la coerenza interna.
Il Piano strutturale fornisce norme direttamente cogenti sul regime giuridico ed urbanistico dei suoli nonché direttive ed indicazioni per la redazione della componente operativa.
In particolare:
1. il Piano strutturale è proiettato sul lungo periodo ed è a sua volta composto da:
– una Componente Statutaria (regole) che delinea le grandi scelte di qualificazione degli insediamenti e di tutela e valorizzazione e definisce le invarianti strutturali del territorio, che garantiscono irrinunciabili equilibri ambientali ed insediativi, non suscettibili di programmazione a breve termine ed, in generale, di contrattazione. Prescrive, inoltre, la disciplina del suolo per gli ambiti urbani già consolidati;
– una Componente Strategica (azioni) che definisce le criticità e risorse del territorio, delinea gli obbiettivi di sviluppo e valorizzazione e fornisce il quadro delle azioni per il raggiungimento degli obbiettivi;
2. il Piano programmatico-operativo è proiettato sul breve periodo e:
– individua le zone di trasformazione, con la definizione delle modalità attuative (intervento diretto, Piano Urbanistico Attuativo, comparti edificatori);
– attribuisce conformativamente le destinazione d’uso, gli indici fondiari e territoriali ed i parametri edilizi ed urbanistici;
– individua i vincoli e definisce, in modo possibilmente conformativo, le attrezzature e servizi della città.
Appare evidente che un siffatto quadro di competenze è oggi del tutto assente in ognuna delle legislazioni regionali che regolano la materia. Se quindi la Legge Del Rio può rappresentare l’integrazione alla normativa nazionale in materia di urbanistica per gli aspetti inerenti le città metropolitane, si pone l’indispensabile esigenza, pena la paralisi delle attività di governo del territorio, che le Regioni interessate dal fenomeno concorrano ad integrare la normativa in materia, definendo, in termini di contenuti e procedimento, il Piano Metropolitano.
[3] Art. 1 comma 22 Legge sulle città metropolitane, aprile 2014: “Lo statuto della città metropolitana può prevedere l’elezione diretta del sindaco e del consiglio metropolitano con il sistema elettorale che sarà determinato con legge statale. […] Per le sole città metropolitane con popolazione superiore a tre milioni di abitanti, è condizione necessaria, affinché si possa far luogo ad elezione del sindaco e del consiglio metropolitano a suffragio universale, che lo statuto della città metropolitana preveda la costituzione di zone omogenee, ai sensi del comma 11, lettera c), e che il comune capoluogo abbia realizzato la ripartizione del proprio territorio in zone dotate di autonomia amministrativa, in coerenza con lo statuto della città metropolitana”.
Referimenti Bibliografici
Berque, A (ed.) (2002), Mouvance: Cinquante mots pour le paysage, Editions de La Villette, Paris.
Gauza, M (ed.) (2005), IperCatalogna (hiCat. Research Territories), Actar, Barcellona.
Mau, B (ed.) (2004), Massive Change, Phaidon Press, London.
Koolhaas, R (ed.) (2002), S, M, L, XL, Monacelli Press, New York.
Koolhas, R. (ed.), (2001), Mutations, Actar Birkhauser, New York.
Koshalek, R (ed.)(2002), L.A. Now, Art Center College of Design, University California Press.
Wurman, S (ed.) (1999), Understanding, Ted Conferences, Oxford.
Head Image: Veduta panoramica del Golfo di Napoli.