Genova, dal waterfront alla città portuale del XXI secolo. Intervista con Bruno Gabrielli

27 Marzo, 2013

Bruno Gabrielli, professore emerito presso la Scuola Politecnica dell’Università di Genova, è stato presidente dell’ANCSA (Associazione Nazionale Centri Storico-Artistici) dal 1980 al 2000 ed è stato protagonista della politica urbanistica genovese nel ruolo di assessore all’Urbanistica del Comune di Genova dal 1997 al 2007.

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H.G. L’esperienza del waterfront di Genova è stata fortemente orientata al tema della qualità architettonica degli spazi coinvolti. Questa qualità è stata interpretata in termini di conservazione e valorizzazione dei manufatti presenti o in termini di innovazione attraverso nuove architetture?

 

B.G. La questione della qualità architettonica si pone sia nel caso che si utilizzino manufatti esistenti, sia nel caso in cui se ne progettino di nuovi.

A Genova le scelte sono state “adattive”: dove vi erano manufatti di pregio, questi sono stati recuperati con una qualità molto raffinata che si deve a Renzo Piano: quei Magazzini del Cotone di cui è stata esaltata la qualità architettonica affiancandovi un nuovo edificio parallelo con il compito di ricevere tutta l’impiantistica innovativa necessaria alla vita dell’edificio ne sono testimoni.

Il Museo del Mare è un caso che sta a metà fra recupero ed innovazione (vedi la costruzione in vetro del grande atrio giustapposta alle antiche gallerie voltate a botte).

H. G. In questa prospettiva come può essere interpretata la trasformazione dell’area della Darsena e la relazione tra il progetto di Ponte Parodi e il riutilizzo del silos Hennebique?

B.G. Ponte Parodi dovrebbe costituire l’innovazione, con un progetto a mio parere molto interessante che rischia di invecchiare: i tempi per la realizzazione si sono prolungati in modo esasperante, e speriamo se ne possa venire a capo.

È dunque evidente che per il nostro Waterfront si è ritenuto di adottare un equilibrato insieme di modalità di intervento, sia di natura conservativa, sia di natura innovativa, sempre mirando alla qualità e ricorrendo al concorso di architettura (Museo del Mare, Ponte Parodi).

Hennebique è un caso a parte, perché forse pochi si sono resi conto delle difficoltà di un progetto conservativo, mentre il tema delle funzioni non è il più complesso: penso a funzioni complementari alla realtà già in atto (Università, hotel, ecc.).

La qualità, peraltro, non è sempre una garanzia di successo. A mio parere Porto Antico doveva avere negli spazi a terra un assai più generoso utilizzo, con “dehors” più numerosi e con spazi più attrattivi.

H.G. Come sottolineato nell’intervento di César Ducruet in questo stesso numero della rivista Portus, “dopo decenni di sviluppo dei waterfront vi è oggi un cruciale bisogno di discutere quali siano stati i benefici economici e sociali di queste iniziative per le città portuali”. Un primo interrogativo riguarda i modelli di gestione di questi spazi: la soluzione Porto Antico spa ha rappresentato un approccio innovativo al tema delle governance del waterfront portuale di Genova. Quale valutazione si può esprimere a 20 anni di gestione, periodo sufficiente per evidenziare elementi di forza e limiti di questa esperienza di gestione?

B.G. Il modello gestionale non è tutto. sempre di più mi rendo conto che a far premio è il gestore.

Il Sindaco Sansa ha avuto una felice intuizione nel dare a Renato Picco, “manager” esperto ed appassionato, la gestione della Società. Picco ha impostato la gestione, ed i benefici che ha saputo costruire ora continuano a dimostrarsi efficaci.

Certo, il modello è da imitare, anche se comincia a soffrire di un certo immobiliarismo che purtroppo è un dato che subentra a seguito di un buon assestamento. Ma occorre anche rammentare che è la scarsa dinamica della città che profondamente incide ed il cui peso si fa sentire anche nella gestione di “Porto Antico S.p.A”.

H.G. Come interpreta il rapporto tra pubblico e privato nella gestione dell’area del waterfront genovese? Il brand “Acquario Village”, che sottolinea il ruolo trainante se non egemone di acquario, potrebbe evocare una delega al privato nella gestione più complessiva dell’area da parte del soggetto Porto Antico ad essa deputato. Il rapporto pubblico privato nell’esperienza genovese ha avuto evoluzione positiva o va interpretato negativamente?

B.G. Il rapporto pubblico/privato nell’esperienza genovese è, tutto sommato, positivo. Se l’Acquario ha un ruolo egemone, ciò deriva dalla sua intrinseca struttura e ragione aziendale, perché deve mantenere uno standard/visitatori/anno che non può essere troppo sotto la soglia di 1,5 milioni.

In tutte queste strutture di gestione (Porto Antico) la presenza della parte pubblica è legalmente rilevante, ma di fatto non incide sulle scelte gestionali, perché alla fine sono lasciate al gestore.

Ciò comporta che sarebbe di notevole interesse capire come funziona non il rapporto pubblico/privato, ma il rapporto con l’interesse gestionale. Porto Antico è un’azienda che funziona bene, che riesce ad avere buoni bilanci annuali, ma la sua “mission” di pubblico servizio, salvo marginali eccezioni, è limitata a garantire il buon andamento aziendale, mentre di fatto più generali istanze di cui dovrebbero essere portatori i membri del Consiglio di Amministrazione (rappresentanti degli enti pubblici) non emergono.

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H.G. César Ducruet sottolinea anche che esistono pochi esempi di waterfront che abbiano posto al centro dell’attenzione il tema dell’integrazione sociale e non solo fisica. In questa prospettiva Genova costituisce un caso interessante perché l’interazione tra area del Porto Antico e centro storico, nolente o volente, ha generato una forte mixité sociale e etnica nell’uso degli spazi. Quali sono le possibili evoluzioni di questa interazione? (pericolosità percepita dell’area con conseguente degrado oppure, al contrario, sempre maggiore beneficio per il centro storico dovuta alla contiguità con grande parco pubblico sul quale si concentrano investimenti della città (delfinario, Ponte Parodi, Eataly, ecc.)?

B.G. Attualmente, c’è un punto di equilibrio prezioso.

Come possa evolvere la situazione è difficile dirlo. L’Azienda Porto Antico è sana e ben gestita, quindi si può stare tranquilli per la capacità che il gestore ha da sempre dimostrato. Ma l’altro versante è quello della città, con la sua crisi economica ed ha certamente riflessi pesanti anche sulla Società. Genova, forse perché città/porto, ha da sempre accolto l’immigrato di qualunque provenienza, ma quando la crisi morde in modo così profondo, è difficile valutarne le conseguenze sul tessuto sociale.

In questi ultimi decenni si è assistito ad un miglioramento della situazione sociale nel Centro Storico, forse anche per l’afflusso positivo di Porto Antico. Ciò non soddisfa mai i cittadini, ma è un dato di fatto che il recupero edilizio, unito alla mixité nell’uso degli alloggi, ed alle migliorie dello spazio pubblico, hanno assai migliorato la situazione anche sotto il profilo della sicurezza. Occorre distinguere, poi, fra percezione dell’insicurezza da parte del cittadino e realtà di fatto. È molto più difficile intervenire sulla prima che sulla seconda, ma sappiamo che potremo considerare positiva la situazione quando anche la percezione sarà positiva.

H.G. Un tema molto importante è quello dell’identità marittima della città. Affinché questa identità non sia solo orientata a creare un brand che attribuisca un’atmosfera cosmopolita alla città, ma abbia carattere più sostanziale alcune città portuali europee hanno avviato processi innovativi. In questa prospettiva Genova si è distinta attraverso la creazione del Genoa Port Center, che ha vinto il primo premio Port Integration Award dell’ESPO nel 2012. Come potrebbe evolvere questo tipo di iniziative? E può integrarsi con le strategie turistiche della città, in altre parole può il porto commerciale essere un’attrazione turistica?

B.G. Considero che questa domanda ponga il problema di come sia possibile una positiva integrazione città/porto. In gran parte delle città portuali si è dimostrata così difficile al punto da generare conflitti di varia natura, e di fatto, in questo caso, vi è una percezione negativa del cittadino nei confronti del porto.

Ciò ha a vedere con l’innata incultura industriale del cittadino italiano, i cui interessi sembrerebbero inverosimilmente non coincidere con quelli del porto.

Il Genoa Port Center è certo utilissimo per educare e far conoscere la straordinaria realtà del porto e delle attività che vi si svolgono, ma rappresenta al tempo stesso una chiara denuncia del deficit di conoscenze, e di sistemi di relazioni, che porto e città sono costrette a registrare.

Mentre Genoa Port Center riesce a sensibilizzare i giovani, vive in una assoluta non conoscenza da parte della città, e la stessa Autorità Portuale, che dovrebbe considerarlo il suo biglietto da visita più prestigioso, fa fatica a sostenerlo.

Ho in più occasioni evocato la realizzazione del Porto Antico come la straordinaria opportunità che i cittadini genovesi hanno avuto di “scoprire” il porto come un “paesaggio” di grande fascino. Come tutti i paesaggi, il porto commerciale è oggetto di contemplazione.

Ma la sua realtà coinvolge un’incredibile applicazione di dati e tecniche sofisticate appartenenti alle diverse discipline che trattano delle scienze umane. Il lavoro nel porto è un’attività che comporta una competenza senza eguali, di derivazione storica. Questa ricchezza di contenuti scientifici ed umani, che può essere considerata addirittura mitica, che la letteratura ha talvolta compreso[1], e che è assai bene rappresentata nel Genoa Port Center, è ben lungi dall’essere percepita come tale. Farne oggetto di attrazione turistica rappresenterebbe la possibile realizzazione di una potenzialità straordinaria e, al tempo stesso, un’utopia illuministica.

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GenovaGenova, una veduta del Porto Antico. ( © Francesco Tomasinelli )

Una veduta del Porto di GenovaUna veduta del Porto di Genova.

GE_Porto_Antico2_6Genova, Porto Antico. ( © Francesco Tomasinelli )

 

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Porto di Genova, spettacolo Gru Heinrich.( © Francesco Tomasinelli )


[1] Confr. M. Baggiani “La regina disadorna”, Milano, 1998

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Article reference for citation:
Gabrielli Bruno, Ghiara Hilda, “Genova, dal waterfront alla città portuale del XXI secolo”, PORTUS: the online magazine of RETE, n.25, June 2013, Year XIII, Venice, RETE Publisher, ISSN 2282-5789 URL: https://www.portusonline.org/genova-dal-waterfront-alla-citta-portuale-del-xxi-secolo/

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