Port of La Spezia. Future Visions and Contradictions

31 Dicembre, 2022

Il Porto della Spezia. Visioni future e contraddizioni

A circa due anni dalla mia nomina a Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale che comprende i porti di La Spezia e Marina di Carrara, si può tracciare un primo bilancio delle attività svolte individuando le questioni aperte e le contraddizioni che continuano a persistere.

Nel nostro territorio siamo dentro ad un ciclo “alto” di investimenti pubblici e privati, pari ad un totale di 682 milioni. Con l’azione intrapresa in questi due anni, abbiamo indubbiamente contribuito a sbloccare molti progetti che erano rimasti allo stato latente. Si tratta di una complessa “rete” di interventi che parte dall’investimento di 232 milioni di euro da parte del gruppo Contship per l’ampliamento del terminal container e si sviluppa attraverso altri adeguamenti dell’infrastruttura, con il nuovo Molo crociere e l’ampliamento del Terminal del Golfo.

Rendering del progetto per l’ampliamento del terminal container. (Fonte: Port System Authority of the Eastern Ligurian Sea).

Vi sono poi interventi di recupero urbano come il waterfront di La Spezia e quello di Marina di Carrara oltre a numerosi interventi per l’adeguamento della rete ferroviaria, la transizione digitale e quella energetica con oltre 62 milioni dedicati all’evoluzione “green “dei nostri porti, in termini di produzione di energie rinnovabili e di mitigazione ambientale per cambiare radicalmente la relazione fra il porto e la città. Occorre riconoscere come l’introduzione del PNRR, che vede alcune opere finanziate dal Fondo Complementare, abbia rappresentato una spinta decisiva per una nuova fase di investimenti. La fiducia accordata da BEI, CDP e Banca Intesa al più importante investimento privato, quello di Contship, rappresenta poi un attestato di fiducia e di credibilità al sistema portuale spezzino.

Rendering del progetto per la realizzazione del nuovo Molo crociere. (Fonte: Port System Authority of the Eastern Ligurian Sea; © Atelier(s) Alfonso Femia & Diorama).

Siamo dunque di fronte ad un percorso costellato soltanto da luci e successi? La risposta alla domanda retorica è purtroppo negativa. Il “vento” positivo che soffia, attraverso il PNRR, sulla diffusa consapevolezza della necessità che il Paese riprenda ad investire in innovazione ed infrastrutture, non è sufficiente a risolvere i tanti problemi di fronte a noi.

Vi è in primo luogo il tema della complessità delle procedure autorizzative delle opere che rappresenta sempre una sorta di “percorso di guerra” di fronte al quale il mantenimento delle tempistiche previste dai diversi “cronoprogramma”, quasi sempre collegati ad esigenze finanziarie ed operative, è sempre circondato dalla massima incertezza. A poco valgono le norme di semplificazione che pure sono state emanate ma che spesso vengono interpretate e “tirate” sulla base delle diverse esigenze dei vari centri decisionali. Le procedure diventano così “ellittiche” e bizantine, segnate dalla deresponsabilizzazione e dalla sovrapposizione dei ruoli. Sembriamo un Paese che ha detto addio alla logica ed al “buon senso” dove continuano a dilagare da un lato l’abusivismo che genera disastri ambientali e sociali e dall’altro, l’ipertrofia burocratica che genera paralisi.

Resta poi il tema irrisolto della contraddizione fra sviluppo e tutela ambientale. Si tratta, in realtà, della questione sulla quale si sarebbero registrati i più grandi passi in avanti. Almeno all’interno dell’Europa. Il “New Green Deal” proposto da Ursula Von der Layen rappresenta, da questo punto di vista, un vero punto di svolta. Si potrebbe dire che l’ambientalismo abbia vinto molte delle sue storiche battaglie. Il riscaldamento globale ha posto dinanzi a tutti noi, con grande chiarezza, l’esigenza di un cambiamento di rotta sul tema della decarbonizzazione dell’economia. È difficile oggi immaginare la costruzione di un’infrastruttura ovvero di una qualsiasi opera senza che si tenga attentamente conto dell’impatto ambientale e delle implicazioni paesaggistiche. Il tema della produzione di energia da fonti rinnovabili, fino a poco tempo fa relegato fra le pie aspirazioni di poche “anime belle” è diventata una delle priorità del processo di transizione energetica.

La Spezia, veduta panoramica della città portuale e del territorio limitrofo. (Fonte: Port System Authority of the Eastern Ligurian Sea; © Merlo Fotografia).

Eppure, in un territorio come quello spezzino, segnato per lungo tempo da laceranti ferite per la salute dei cittadini, connesse alla presenza della centrale a carbone, è difficile proporre qualunque evoluzione degli impianti energetici esistenti, come nel caso del rigassificatore di Panigaglia, anche in chiave di un maggiore utilizzo del gas naturale liquefatto per la trazione degli autoveicoli pesanti come nel caso del progetto “truck loading”, pesantemente contestato da una larga parte di cittadini.

Siamo dunque in bilico, fra il peso di un passato difficile e la costruzione di un futuro diverso ma incerto. Il porto ed il suo sviluppo, in chiave di transizione digitale, energetica e di forte inclusione sociale rappresenta una grande occasione per la città. L’auspicio è di continuare il dialogo affinché queste due entità, a forza di comprendersi, riescano a fondersi in una sola.


IMMAGINE INIZIALE | Veduta del porto e della città della Spezia. (Fonte: Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Orientale; © Merlo Fotografia).



Article reference for citation:

SOMMARIVA, Mario. “Il Porto della Spezia. Visioni future e contraddizioni”. PORTUS | Port-city relationship and Urban Waterfront Redevelopment, 44 (December 2022). RETE Publisher, Venice. ISSN 2282-5789.
URL: https://portusonline.org/port-of-la-spezia-future-visions-and-contradictions/



error: Content is protected !!