Waterfront come arena di rigenerazione urbana place-based: la riscoperta del genius loci “liquido”

19 Maggio, 2019

Nella storia, interventi sul fronte d’acqua e sui porti si sono succeduti costantemente come parte delle trasformazioni e ricostruzioni delle città costiere, per ragioni militari, politiche, geologiche e funzionali (Lavedan, 1926). Il fronte d’acqua, sia esso marino, fluviale o lacustre, nei primi insediamenti urbani è stato l’elemento catalizzatore di esigenze funzionali e di valori per le comunità insediate, così come l’acqua ha rappresentato la ragione stessa della scelta insediativa (Davidson, 2013). Sovente, le città d’acqua affidano al waterfront funzioni simboliche: celebrazioni delle tradizioni e culture locali, manifesti dei poteri forti, luoghi d’accoglienza o di difesa (Kokot, 2008).

La costruzione e trasformazione dei porti così come il rinnovo e la riqualificazione dei fronti d’acqua sono una costante nella storia urbana ma al volgere del millennio si riconosce una peculiarità ai processi di rinnovo delle aree portuali in tutto il mondo: il fenomeno della globalizzazione guida modalità e tempi di questo simultaneo slancio nella progettualità dei nuovi waterfront nei diversi continenti (Bruttomesso, 2001; Smith & Garcia Ferrari, 2012). La dismissione industriale e i cambiamenti nel sistema produttivo legato alle aree portuali ha reso disponibili negli ultimi decenni significative aree urbane di elevato pregio per operazioni di redevelopment su vasta scala (Malone, 1996; Hoyle et alii, 1988). Lo sviluppo di iniziative sul waterfront ha rappresentato una opportunità unica per trasformare radicalmente la città ed i suoi luoghi simbolici (immagine precedente), implementando politiche e pratiche il cui impatto si è propagato all’intera città e coinvolgendo con diversi ruoli una ampia componente di attori locali e globali (Hein, 2014).

Considerando il waterfront quale sineddoche e metonimia dell’intera città, emerge che anche se ne è una parte circoscritta esso racchiude in se il significato stesso dell’insediamento umano; intervenire sul rinnovo del fronte d’acqua quindi non è una azione neutrale, anche quando è di dimensione ridotta (immagine seguente). Leggere gli interventi di questa stagione di waterfront renewal – importanti sia in termini spaziali che di investimenti – da questa prospettiva può consentire di comprenderne gli impatti sull’autenticità del tessuto urbano e sugli equilibri socio-economici. Infatti, gli interventi in tale ambito, anche se sovente di successo in termini di indicatori economico-finanziari, presentano impatti elevati sul genius loci, influenzandolo con suggestioni “globalizzate”, e sul diritto alla città, aumentando le sperequazioni spaziali e le ingiustizie sociali.

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Porto di Genova. (© Gabriella Esposito De Vita, 2014)

Dal waterfront renewal …

I progetti di rivitalizzazione urbana attraverso il rinnovo del waterfront vengono sviluppati all’insegna della competitività della città nello scenario globale ma frequentemente conducono all’esclusione sociale ed alla gentrification forzata (Slater et alii, 2004; Lovering, 2007). È, quindi, interessante indagare quali benefici sono stati generati e quali soggetti ne sono stati coinvolti laddove si sono sviluppati interventi di successo sul waterfront all’insegna del’incremento della competitività urbana. Insieme a creative hub e quartieri culturali, i waterfront sono infatti al centro dell’attenzione di istituzioni ed investitori (Hoyle, 1988; Bruttomesso, 2001). Generalmente tali progetti seguono la formula global: alloggi di alta gamma, industrie creative, culturali ed a tecnologia avanzata e spazi per il tempo libero (Carmona, 2009), cui si aggiungono edifici simbolo realizzati da “archistar” intorno ai quali si costruisce la strategia di place-branding e la comunicazione di mercato per promuovere la competitività a scala sovranazionale. Ma queste promesse di benefici diffusi a tutta la popolazione urbana che vengono fatte balenare nelle strategie progettuali e nelle dichiarazioni degli stakeholder coinvolti rispondono al vero? Alcune esperienze di ricerca in tale direzione si stanno sviluppando e nelle prossime pagine si presentano due casi interessanti rispetto a queste tematiche: i watefront di Anversa nelle Fiandre, e di Belfast nell’Irlanda del Nord.

Anversa

Nella capitale delle Fiandre la dimensione funzionale del porto influenza il disegno urbano: il porto si estende e muta velocemente al mutare della domanda di portualità e lascia spazi dismessi da riutilizzare senza interferire con l’organizzazione logistica del porto ma mitigandone gli effetti con la valorizzazione ambientale. Lo sviluppo urbano è affidato infatti al recupero di aree lungo il fiume dismesse a causa dell’evoluzione tecnologica delle attività portuali. Il porto di Anversa, a differenza di altre realtà interessate da waterfront renewal, è all’avanguardia tecnologicamente e logisticamente ed è in piena attività. Conserva, inoltre, le sue relazioni spaziali con la città e, inglobando nella sua espansione piccoli insediamenti e aree naturalistiche, è stato progettato che essere compatibile con il contesto. Percorsi ciclo-pedonali e visite naturalistiche si svolgono ai margini ed in alcune aree interne al porto.

Questa simbiosi tra città e porto, testimoniata dai decori degli edifici mercantili del centro antico, non è rimasta cristallizzata nel passato ma è presente e continuamente rinnovata negli edifici simbolo della waterfront regeneration: il MAS – Museum aan de Stroom, ovvero il Museo sul fiume e la Port House, sede dell’autorità portuale. Quest’ultimo edificio, pluricelebrato quale esempio della cifra creativa dello studio Zaha Hadid Architects, è stato inaugurato nel 2016 ed è frutto di un concorso d’idee partito nel 2008 (immagine seguente). Esso esalta i simboli della seconda città portuale europea: sorge sul tetto di un edificio preesistente, una caserma dismessa che rispecchia lo stile delle città anseatiche, riprende le forme di una prua di nave proiettata sulle acque e presenta una “pelle” che ricorda le sfaccettature dei diamanti[1].

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Port House Antwerp – Helene Binet. (http://www.zaha-hadid.com/architecture/port-house/)

La Port House è la tipica espressione dei signature buildings ai quali si affida il place branding nelle trategie di rigenerazione del fronte d’acqua. Ma non è un simbolo isolato; nella stessa area del Kattendijkdok, era già stato localizzato il MAS che, fra installazioni, collezione e progetti temporanei, celebra il rapporto tra la città, il mare e il fiume Schelda. Ma è l’edificio stesso, realizzato dallo studio Neutelings Riedijk Architects, che è meta privilegiata degli itinerari turistici e della popolazione locale, perchè dalla sua cima offre un punto di visuale privilegiato che spazia dal centro antico alla estensione del porto (immagine seguente).

Questi due edifici sono parte di una strategia che include il Masterplan di Secchi e Viganò del 2009, focalizzato sul tratto urbano della Schelda, e il ’t Zuid a sud, quartiere un tempo di depositi mercantili, che è stato riconvertito attraverso microinterventi e grandi opere di archistars (Esposito De Vita, 2011a).

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Port Area and MAS Antwerp. (© Gabriella Esposito De Vita, 2011)

Le iniziative di rigenerazione del waterfront che si sono succedute ad Anversa appaiono fortemente interconnesse con le simbologie e l’immaginario relativo al porto ed alla vie d’acqua. In tale contesto non è facile identificare il confine tra l’autenticità di un rapporto costante tra città e porto che si è evoluto con continuità e lo stereotipo acquatico. Il percorso di pianificazione però, anche se non ha generato conflitti e proteste, non è stato frutto di un processo partecipato ed è stato realizzato mediante un dialogo verticistico tra istituzioni e operatori economici del settore portuale.

Belfast

Nella complessa realtà di Belfast ci si sofferma sul ruolo che sta giocando il waterfront nel riconnettere parti di città che il lungo e drammatico periodo dei “Troubles” ha diviso, producendo profonde alterazioni nel tessuto urbano (Esposito De Vita, 2011b). Belfast, che aveva voltato le spalle al suo fronte d’acqua, sta riscoprendo le sue potenzialità nel delineare un’area “neutrale” di riqualificazione urbana nella quale entrambe le comunità protestanti e cattoliche possano ritrovarsi.

Il Belfast City Council è, quindi, il promotore di pratiche che abitualmente sono appannaggio di investitori privati e mira a rendere competitiva la città ed attrarre capitale delle compagnie globali, ponendosi quale ponte verso l’Europa in alternativa (con costi molto più bassi) alla city di Londra.

Il watefront è stato centrale nell’economia locale dalla metà del XVII secolo. Dopo la crisi delle attività portuali e i conflitti dei “Troubles”, negli anni 80 il fronte d’acqua era marginale e punteggiato da cantieri dismessi e aree degradate[2]. La sfida della Laganside Development Corporation (LDC), lanciata all’inizio del processo di pace (1989-2007), è rivitalizzare 140 ettari di brownfield ai due lati del fiume Lagan (Sterrett et alii, 2005). LDC include anche i Gasworks (immagine seguente) che rappresentano una interfaccia tra comunità cattoliche e protestanti deprivate e con elevati indici di disoccupazione (Boland et alii, 2017) e sono ora un hub economico che ospita tra gli altri Lloyds, Deloitte e Radisson Hotel, nonchè il centro di collocamento Employment Matching Service (GEMS) che offre opportunità di lavoro e formazione.

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Belfast Gasworks. (© Gabriella Esposito De Vita, 2010)

Con i fondi pubblici la LDC ha realizzato anche la Custom House Square, la Odyssey Arena, Clarendon Dock and Lanyon Place con la Opera House (immagine seguente), attrendo finanziamenti privati dopo il Good Friday Agreement del 1998 e l’inizio del processo di pace.

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Belfast LDC area. (© Gabriella Esposito De Vita, 2010)

L’esperienza del Titanic Quarter è cominciata nel 2001 con un progetto trentennale identificato dal Belfast Metropolitan Area Plan 2015 con lo slogan “A Renaissance for Belfast ed include residenze, uffici, alberghi. Nella seconda fase, rallentata dalla crisi, sono stati realizzati i Titanic Studios e lo SciencePark, che è una meta turistica insieme all’area museale portuale della Pump House ed al Titanic Belfast, il museo iper-tecnologico che ricorda l’affondamento del Titanic. Anche in questo caso gli investimenti sono stati prevelentemente pubblici e finalizzati a creare una immagine attrattiva e positiva della città, ipotizzando che lo sviluppo di un waterfront così fortemente identitario e denso di attrazioni potesse portare benefici a tutto il contesto urbano. Una ricerca condotta dalla Queen’s University Belfast ha evidenziato che il processo di rigenerazione su larga scala del waterfront ha cambiato il volto della città, prima associata a tensioni e violenza, ha attratto turisti ed operatori economici ed ha riconnesso il tessuto urbano tra centro città e area fluviale e portuale. Ciò nondimeno, dall’indagine empirica emerge che le popolazioni dei quartieri limitrofi all’area d’intervento non ha ancora raccolto benefici diretti in termini di sviluppo sociale e “public benefit” (Boland et alii, 2017).

… alla place-baced waterfront regeneration

I due casi brevemente illustrati hanno evidenziato due aspetti rilevanti della questione della waterfront regeneration. La localizzazione privilegiata dei waterfront urbani, la loro centralità rispetto ai distretti finenziari e commerciali, le potenzialità per lo sviluppo di residenze e spazi per l’intrattenimento di elevato valore immobiliare, ne fanno uno dei principali catalizzatori di quelli che in letteratura vengono definiti progetti di rinnovo urbano neo-liberal (Brenner et alii, 2010; Davoudi & Madanipour, 2013). È proprio il valore simbolico del fronte d’acqua che lo rende il catalizzatore di aspirazioni di riscatto, rinascita e competitività mediante l’acquisizione di un “world class status” (Kokot, 2008). I watefront rigenerati attraggono la classe creativa perchè rappresentano uno status symbol e sono in grado di offrire spazi pubblici attrattivi ed in qualche modo “privatizzati” con funzioni di pregio e servizi inaccessibili ai più. Questa tipologia di waterfront rinnovati sovente producono “a shift away from collective benefits to a more individual form of public benefit” (Oakley, 2011: 222) che viene rappresentata nelle strategie progettuali come una opportunità di sviluppo e benessere che può estendersi alla città nel suo insieme. Ma quando al valore simbolico intrinseco in un fronte d’acqua che si è stratificato ed ha generato una autenticità composita viene trasformato in stereotipi che consentono di “vendere” una immagine competitiva, si aprono importanti questioni sul genius loci ed i valori identitari. Un processo di rigenerazione place-based, attento alle dinamiche sociali e spaziali, può essere una chiave per intervenire in modo consapevole su waterfront urbani densi di significati ed aspettative.

Note

 

[1] Anversa, oltre ad essere stata parte della Lega Anseatica e attualmente secondo porto del Continente con 12 km di banchine, il 26% del trasporto di container europeo e circa 150.000 posti di lavoro, è anche la sede dei più grandi tagliatori di diamanti, concentrati nel “Diamantkwartier”.

[2] I primi cantieri navali aprirono nel 1791 e nel loro periodo d’oro (1880-1914) fu lanciato il Titanic nel 1912. Il waterfront fu travolto negli anni Trenta dalla Depressione e fu bombardato pesantemente nel 1941. Negli anni ‘60-‘70 furono realizzati nuovi bacini e strutture per i traghetti (principalmente Stena Lines), nonchè le torri Samson and Goliath che sono sottoposte a tutela. Gli Harland & Wolff hanno prodotto l’ultima nave nel 2003 ed ora operano a regime ridotto. La forza lavoro portuale si è ridotta da 40.000 a 300 unità.

 

 

 

Referimenti

 

Boland, P., Bronte, J., & Muir, J. (2017), “On the waterfront: Neoliberal urbanism and the politics of public benefit”, in Cities, vol. 61, pp. 117-127.

 

Bruttomesso, R. (2001), “Complexity on the urban waterfront”, in R. Marshall (Ed.), Water-fronts in post-industrial cities, pp. 39-50. Spon, London.

 

Carmona, M. (2009), “The Isle of Dogs: Four development waves, five planning models, twelve plans, thirty-five years, and a renaissance… of sorts”, in Progress in Planning, vol. 3, no. 71, pp. 87-151.

 

Davidson, M. (2013), Urban geography: Waterfront development, University of Western Sydney, Sydney.

 

Davoudi, S., & Madanipour, A. (2013), “Localism and neo-liberal governmentality”, in Town Planning Review, vol. 84, no. 5, pp. 551-562.

 

Esposito De Vita, G. (2011a), “Anversa: città media europea con un porto mondiale”, in Città dal mare, Editoriale scientifica, Napoli.

 

Esposito De Vita, G. (2011b), “Esperienze di waterfront regeneration a Belfast: per unire una città divisa”, in Urbanistica, vol. 148, pp. 56-62.

 

Hein, C. (2014), “Port cities and urban wealth: between global networks and local transformations”, in International Journal of Global Environmental Issues, vol. 13, no. 2/3/4, pp. 339-361.

 

Hoyle, B. S., Pinder, D., & Husain, M. S. (1988), Revitalising the waterfront: international dimensions of dockland redevelopment, Belhaven Press, London.

 

Kokot, W. (2008), “Port cities as areas of transition–Comparative ethnographic research”, in Port cities as areas of transition: Ethnographic perspectives, Transcript Verlag, Bielefeld, pp. 7-23.

 

Lavedan, P. (1926), Histoire de l’Urbanisme. Antiquité – Moyen Age, Henri Laurens, Paris.

 

Lovering, J. (2007), “The relationship between urban regeneration and neoliberalism: two presumptuous theories and a research agenda”, in International Planning Studies, vol. 12, no. 4, pp. 343-366.

 

Malone, P. (1996), City, capital and water, Routledge, NY.

 

Oakley, S. (2011), Re-imagining city waterfronts: a comparative analysis of governing renewal in Adelaide, Darwin and Melbourne, in Urban Policy and Research, vol. 29, no. 3, pp. 221-238.

 

Slater, T., Curran, W., & Lees, L. (2004), “Gentrification research: new directions and critical scholarship”, in Environment and Planning A, vol. 36, no. 7, pp. 1141-1150.

 

Smith, H. & Garcia Ferrari, M.S. (Eds.) (2012), Waterfront Regeneration. Experiences in city building, Routledge, NY-London.

 

Sterrett, K., Murtagh, B., & Millar, G. (2005), “The social turn and urban development corporations”, in Planning, Practice & Research, vol. 20, no. 4, pp. 373-390.


Head Image:  Porto di Marsiglia – Euromediterranée. (© Gabriella Esposito De Vita, 2015)


Article reference for citation:
Esposito De Vita Gabriella,“Waterfront come arena di rigenerazione urbana place-based: la riscoperta del genius loci “liquido”” PORTUS: the online magazine of RETE, n.37, May 2019, Year XIX, Venice, RETE Publisher, ISSN 2282-5789, URL: https://portusonline.org/it/waterfront-come-arena-di-rigenerazione-urbana-place-based-la-riscoperta-del-genius-loci-liquido/

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