Utopie. “Isola Nova” fotografie di Philippe Calandre

1 Maggio, 2014

Le isole di Philippe Calandre, fotografo francese in mostra a Venezia con “Isola Nova”, alla Fondazione Wilmotte, non esistono in nessuna carta geografica del mondo perché non esistono nella realtà.

Sotto il regime asburgico venne indetto un concorso per Venezia, “Isola Nova” appunto, per la progettazione e realizzazione di nuove isole, nuovi terreni su cui fondare attività e abitazioni: nasceranno, molti anni dopo, “Sacca Fisola” e “l’Isola Nova del Tronchetto”, per citare degli esempi.

Le isole di Philippe Calandre non saranno mai realizzate, ma il loro valore va oltre il semplice gioco compositivo e “immaginifico” dell’autore.

I capolavori esposti alla Fondazione Wilmotte di Venezia dal 18 dicembre al 15 marzo 2014 sono 16 fotografie di pezzi di città, Venezia, Mestre, Marghera, assemblati a formare delle isole attorno a cui l’acqua appare coi suoi vari umori e colori.

La tecnica utilizzata è quella fotografica in stampe da 60x90cm a getto d’inchiostro su carta Rag 308 gr Hahnemühl, incollata su alluminio e con incorniciatura tipo scatola americana di colore grigio.

Le isole di Philippe Calandre Sono il frutto della sua sensibilità e del connubio realizzato tra varie parti della città antica con la periferia di Marghera, Mestre, le isole di Murano e della Giudecca.

Utopie, Isola Nova (© Philippe Calandre)

Una carta del mondo che non contiene il Paese dell’Utopia non è degna nemmeno di uno sguardo…” scriveva Oscar Wilde,e la mostra di Philippe Calandre parla di questo. Sono isole fantastiche abitate da grandi strutture industriali che convivono con frammenti dell’architettura veneziana tradizionale. Le sue visioni rimandano a illustri precedenti, in architettura, da Aldo Rossi con i suoi disegni per la città e per il teatro della Fenice, a Bernard Huet con la sua indimenticabile copertina-collage realizzata nel 1980 per la rivista “L’architecture d’aujourd’hui” secondo la tradizione dei disegni immaginari del XIX secolo.

Le vedute romane di Giambattista Piranesi erano generate dai chiaro-scuri, da architetture in cui non trovi la strada del ritorno perché “gli orizzonti sono limitati”, erano intrise dell’aria e del cielo così come quelle di Calandre sono piene dell’acqua e della luce di Venezia. Dell’incisore della Roma del Settecento, Calandre ricorda la carica visionaria, il senso di vertigine, il misurarsi con lo strato storico della città.

Utopie, Isola Nova (© Philippe Calandre)

Referenti consapevoli o meno ma più vicini nel tempo, sono in parte il futurista Antonio Sant’Elia, di cui Calandre guarda la tensione alla novità che stupisce, e Franco Purini, un architetto romano che “sonda le implicazioni costruttive”, le stratificazioni e la frammentazione della città in una sintesi radicale e astratta. Città unitarie o città costruite di frammenti, si interrogava Purini, e non aveva dubbi: “i quartieri urbani realizzati di frammenti sono il futuro della città”, diceva, “democratica, che non impone schemi e lascia spazio e piacere a tutti”. Le isole oniriche di Calandre, frammenti di città, non luoghi in quanto inesistenti, ne riscrivono la storia secondo forme possibili o impossibili, ma idealmente democratiche.

Questa Venezia utopica ci accompagna tra i colori di una città onirica, come un enigma che produce stupore e – per dirla con María Zambrano (cfr. “Dire Luce”, a cura di Carmen del Valle, ed. Bur Rizzoli, 2013 ) – ciò che accade, a Venezia, è che qualsiasi confusione, qualsiasi anomalia, qualsiasi prodigio entra immediatamente nell’ordine, è assimilato, non c’è un prima né un dopo, c’è un SEMPRE che tutto raccoglie”. È ciò che accade con le opere di Calandre per chi, nell’osservarle, si cimenta nel gioco nostalgico di indovinare l’origine dei “pezzi”.

L’acqua che circonda Le “isole nuove”, ritratta in momenti di calma o di ostilità, è la stessa acqua che per Venezia ha sempre rappresentato tutto, anche una minaccia. Ne derivano una riflessione sulla stessa città e un dibattito sulla conservazione e ri-generazione di un patrimonio industriale che convive con la storia antica. Le isole “invisibili” sussurrano sulla città e bisbigliano sul suo fragile futuro.

Utopie, Isola Nova (© Philippe Calandre)


Philippe Calandre

Nasce a Avignone (Francia) nel 1964. Dopo aver lavorato come skipper per diversi anni, Philippe Calandre trova un porto sicuro nella fotografia, che diventa il suo mestiere d’artista.

Particolarmente interessato alla fotografia di architetture, nella sua produzione la realtà serve come base da cui creare i propri mondi. I progetti fotografici di Calandre nascono sempre da una confusione, una sorta di equivoco tra realtà e finzione.

Tra i tanti lavori si può ricordare quello sulle stazioni di servizio o sui silos, che sono stati presentati

alla FIAC nel 2001 dalla galleria parigina Anne Barrault, con cui l’artista collabora tra il 1999 e il 2007, e che sono diventati il manifesto delle sue opere.

Per ‘Insomnia’ (2006) ,che raffigura strane apparizioni notturne, Calandre attinge dal mondo della

fantasmagoria cinematografica, creando scenari quali “Puro e inquietante”.

Dal 1996, i suoi lavori sono stati esposti in gallerie, musei e mostre d’arte contemporanea in Francia e all’estero (Grecia, Argentina, Olanda, Stati Uniti e Taiwan).


 Head image: Utopie, Isola Nova (© Philippe Calandre

Article reference for citation:
Ceriolo Laura, “Utopie. “Isola Nova” fotografie di Philippe Calandre”, PORTUS: the online magazine of RETE, n.27, May 2014, Year XIV, Venice, RETE Publisher, ISSN 2282-5789 URL: https://www.portusonline.org/utopie-isola-nova-fotografie-di-philippe-calandre/

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